Ho lasciato la casa avita all’età di 18 anni. A causa del COVID mi sono ritrovata bloccata nel mio paesino d’origine (Monte dell’olmo) e ho ripreso possesso del mio antico studiolo all’ultimo piano. Lì dormivo (poco) lì studiavo (ancora meno) e lì scrivevo moltissimo. Sono passati tanti anni e non so se ci avessi fatto caso allora, ma per me, in quel momento, è stata una scoperta! Da una delle finestre, a circa 20 chilometri, oltre due vallate, quella del Chienti e quella del Potenza, si vede un paese arroccato sulla collina: Recanati. Appena mi è stato possibile sono ritornata (dopo il confinamento) con macchina fotografica e teleobiettivo. Sono andata a Recanati in piena estate 2021. Ho parcheggiato fuori dalle mura e mi sono addentrata in una delle vie più affollate del centro, ovvero quella che porta alla casa di Leopardi. La stretta via medievale era colma di turisti. Accenti lombardo-veneti risuonavano sui mattoncini rossi cotti nelle antiche fornaci. Macchine fotografiche poche, molti telefonini, odore di pizza e crema solare, abiti colorati del popolo della spiaggia. Commenti banali o, peggio, memorie scolastiche infarcite di inesattezze e corbellerie, a dimostrare l’efficienza del sistema educativo di questo paese. Finalmente sono arrivata al Colle dell’infinito. Ricordavo che è rivolto verso l’interno della regione, dove le onde delle colline s’infrangono sulla mole degli Appennini. Ho trovato un angolo poco frequentato e accessibile solo scavalcando la balaustra in legno del percorso turistico. Ho appoggiato i piedi su di una grata in ferro un po’ sgangherata (un pozzo?) e mi sono messa a fotografare puntando oltre la valle del Potenza. Non sbagliavo!!! Pur non avendo un teleobiettivo potente, ho individuato Monte dell’olmo ed ho riconosciuto una porzione della mia casa di famiglia, proprio quella dell’ultimo piano dove c’è il mio vecchio studiolo! I pensieri si sono affollati nella mia testa… quando il Poeta guardava il paesaggio da qui, vedeva anche il mio paese… certo allora c’era molta più campagna, c’erano molti più boschi e inquinamento zero… che vista stupenda doveva essere. Quanto selvaggio ed arretrato era quel mondo! E Lui era come un’isola luminosa in questo mare di colline coltivate da contadini-servi tenuti nella più buia ignoranza. Superstizione e Chiesa ingabbiavano ogni mente. Ma non potevano ingabbiare la Sua! Che mondo lento ed esasperante per chi viaggiava con l’immaginazione e lo studio alla velocità della luce! Vallate e colline sterminate, fino ai Sibillini, che alla luce della luna piena facevano danzare luci ed ombre all’infinito. Appunto. Un Leopardi in Pianura padana certo non poteva nascere! E il mio io d’allora? Anch’io guardavo di notte le colline e i monti e mi struggevo… vivere da adolescente in un paesino rimasto fermo agli anni ‘50… ascoltavo rock a tutto volume… mi sentivo un’aliena in mezzo a gente che m’appariva rozza e ignorante (non più selvaggia!) povera di immaginazione e noiosa all’infinito. Mi sentivo circondata da menti grette, bigotte e cattive. Non vedevo l’ora di andarmene e così feci, appena preso il diploma. Poi non mi sono più fermata, persa nel gorgo d’una inquietudine incurabile… l’immaginazione correva, ma in ogni luogo finiva per scontrarsi contro i bastioni potenti d’una realtà non mia. La grettezza era diventata perno del progresso. A un certo punto non si può più scappare via. Ti riprendono con quella forza centripeta, quella gravità, quel peso che ti spezza le ali e ti fa precipitare. Fu proprio in quei momenti che iniziai a scoprire l’incanto dell’ombra: essere invisibili, liberarsi di ogni orpello per non essere visti. Per non essere catturati. Essere ombra, nella notte e mescolarsi all’infinito.
Sabina Valenti (articolo e foto)