Klara e il sole è il titolo dell’ultimo romanzo di Kazuo Ishiguro premio Nobel per la letteratura nel 2017.
La storia è ambientata in un vicino e probabile futuro. La tecnologia ha seguito il suo corso e le intelligenze artificiali ormai sono quasi indistinguibili dagli esseri umani. Non solo, i buoni genitori borghesi, per assicurare un futuro ai loro figli, spendono patrimoni per potenziarli e dar loro la possibilità di frequentare le migliori università. Ma Ishiguro non perde tempo a spiegarci come funziona esattamente questo suo futuro che sembra già presente. Sì perché l’impianto della storia è la favola. Una favola in cui spazio e tempo sono approssimativi, perché quello che conta è qualcos’altro, è il messaggio, è l’insegnamento che ci vuole dare l’autore. La protagonista della favola è un essere costruito in fabbrica, un robot, dotato di un corpo umanoide e di una intelligenza artificiale: Klara. Né donna adulta, né bambina, un essere alieno ed allo stesso tempo famigliare. L’unico personaggio che non cambierà mai durante tutta la parabola. Altro che Bildungsroman, nessuna formazione per Klara, per noi lettori forse, sicuramente per gli altri personaggi che le ruotano attorno e mutano nel tempo. La domanda a cui vuol dare una risposata questa favola è la seguente: chi siamo noi? Quali sono gli elementi costitutivi della nostra identità? Sarebbe possibile, una volta morti, farci sostituire da un’intelligenza artificiale? L’entusiasta del Progresso Mr Capaldi afferma perentorio “[…] La nostra generazione si porta appresso sentimenti del passato. Una parte di noi si rifiuta di lasciarli andare. La parte che si ostina a voler credere che ci sia qualcosa di inaccessibile dentro ognuno di noi. Qualcosa di unico e non trasferibile. Ma non esiste niente di simile, e ora lo sappiamo. […] Per la gente della nostra età è dura da accettare. […] Non c’è niente là dentro.” Non siamo niente che un’intelligenza artificiale non potrà replicare. L’intelligenza artificiale non sarà una copia, ma sarà esattamente identica alla persona replicata. “Non è di fede che hai bisogno. Solo di razionalità” Sottolinea Mr. Capaldi, uno del gruppo di personaggi che ruotano intorno a Klara l’immobile. Soffrono, sbraitano, amano, pontificano, sognano, sperano, si ribellano e fanno follie. Klara li osserva, interviene con qualche commento misurato, li asseconda, li rassicura, li accoglie. Klara è curiosa, gentile, gode delle bellezze naturali, odia l’inquinamento, teme la violenza bruta, sa amare. Klara è una sacerdotessa, e quando può, raggiunge il suo tempio per pregare il Sole. La storia procede e noi la vediamo scorrere dagli occhi e dalle orecchie pazienti di Klara che, se all’inizio era cercata e amata, ammirata e importante per molti personaggi, a poco a poco viene abbandonata da tutti, come un vecchio elettrodomestico, arriva un momento in cui non serve più. A un certo punto non potrà neanche più muoversi autonomamente. Così Klara ha tempo per pensare. La Saggia, la Filosofa Klara arriva alla conclusione, trova la risposta alla domanda sull’identità: “Mr Capaldi pensava […] non ci fosse niente di tanto speciale da non poter essere proseguito. Diceva alla Madre che aveva cercato dappertutto e non l’aveva mai trovato. Ma adesso credo che non cercasse nel posto giusto. C’era invece qualcosa di molto speciale, ma non era dentro […] Era dentro quelli che l’amavano.” E noi la lasciamo lì, in quella solitudine, in quel luogo d’abbandono, ma lei non ci dà neanche la possibilità di rammaricarci, di impietosirci, Klara ci dice che sta bene così, che è contenta delle decisioni che ha preso, che da dove si trova può osservare per bene il Sole: alla fine lei è una macchina, noi no e ci allontaniamo zoppicando alla ricerca d’un destino diverso.
Nicola Pandolfi (articolo) Sabina Valenti (foto)