Beh, essere invisibili, almeno all’inizio, è stato molto divertente! Una volta imparata la capacità di gestire l’incanto della mia ombra e le mie emozioni, potevo intrufolarmi nella case degli altri, non solo quando erano vuote… gente che faceva sesso mentre gli svuotavo il frigorifero, casalinghe alcolizzate che cantavano a squarcia gola, tipi solitari dediti all’onanismo, anziani che si spaccavano di televisione, studenti stesi sul pavimento nel loro vomito…. e io li osservavo tutti, divertita e incosciente e rubacchiavo qua e là, soprattutto cibo o qualche profumo. Poi mi spinsi nei quartieri ricchi e scoprii senza troppa sorpresa, che i privilegiati nell’intimo delle proprie case facevano esattamente le stesse cose con mezzi più costosi. In quelle ville mi sentivo in obbligo di eseguire l’esproprio proletario! Anche se, in realtà, mi resi conto dopo qualche tempo, che non avevo bisogno di denaro o gioielli, il cibo potevo procurarmelo anche nei negozi così come i vestiti (con qualche cautela in più per via degli allarmi). Il mio lavoro a distanza, anche se lo stavo trascurando un po’, mi dava abbastanza per pagare affitto e bollette. Così mi concentrai nell’osservazione degli altri. Alla caccia di qualche comportamento se non originale almeno non troppo scontato. Gli artisti divennero la mia passione. Un giorno mi infilai nell’appartamento di un pittore, conosciuto a livello locale, chiamato Novecento. L’appartamento era in penombra e l’elettricità era stata staccata. C’era una gran confusione, in ogni stanza, gli oggetti erano rimasti lì dove li aveva lasciati qualcuno che non aveva certo tempo di pensare alle quisquilie domestiche. Il bagno era lercio e pieno di macchie di colore, come il corridoio e il resto delle stanze! La cucina sepolta in pile di piatti e pentole, la camera da letto era il risultato dell’esplosione di un armadio… vestiti, biancheria lenzuola coperte ovunque… e le macchie di colore! C’erano anche bottiglie e lattine di ogni tipo di alcolici da discount. La sala era il suo studio d’artista. Cavalletti sormontati da tele lasciate a metà e tavole di legno su piedistalli improvvisati composti soprattutto di libri d’arte, mazzi fitti di pennelli che spuntavano da contenitori per le marmellate e lattine di fagioli, pile di tavolozze multi colore e tubetti… tubetti a centinaia sparsi semivuoti per tutto il pavimento, ma divisi a seconda dei colori! Sedie e tavolini erano invasi di stracci e portacenere di cristallo ricolmi di cicche di sigarette e sigari toscani. Su di un ripiano c’era ogni sorta di barattoli colmi a metà di liquidi giallognoli… acquaragia? Trementina? L’odore acre che proveniva da quell’angolo lasciava senza fiato! Mi avvicinai alla lunga tenda di velluto color porpora… volevo un po’ più di luce e d’aria fresca! La scostai scatenando una tempesta di polvere per scoprire che la tapparella era crollata malamente e lasciava solo pochi spiragli all’aria e alla luce. Novecento non c’era. Decisi di aspettarlo ancora un po’ e mi sedetti davanti a una scrivania di legno antico su cui erano accumulati molti fogli di schizzi a matita. Non sono proprio un’esperta d’arte, ma c’era qualcosa di particolare in quelle figure astratte… qualcosa che mi incuriosiva e mi inquietava allo stesso tempo. Sfogliando i disegni mi ritrovai in mano un manoscritto su carta gialla e invecchiata… sembrava una breve lettera… la grafia era chiara ed elegante… si rivolgeva ad una certa Bella… lo lessi d’un fiato: “Una mattina mi son svegliato e ho trovato l’Invasore. Mi ha preso alla sprovvista indifeso e, in breve, mi ha messo da parte. Si è impossessato di tutto. Mi ha imprigionato, sepolto vivo, in fondo a un pozzo, molto profondo. E’ da qui che ti scrivo cara. E’ per dirti addio! Ciao mia Bella! Da questa fossa non risorgerò più. Ma ricorda! Quell’uomo che hai accanto non sono più io! Ti voglio avvisare. L’Invasore mi è sconosciuto, non so che intenzioni abbia. Ti potrebbe maltrattare, oppure, potrebbe anche imparare a volerti bene… di certo non potrà mai amarti come ti ho amata! Ohh mia cara, mia adorata, mia musa! Bella ciao! Il tempo passato con te è stato prezioso e darà sostegno alla tenue luce che seduce la tenebra che mi circonda. Tutto! Il bello e il brutto. Il corredo funerario della mia tomba. L’Invasore ha fatto il suo dovere. Prendersi ciò che serve, disfarsi dell’inutile e poi partire, senza voltarsi… andare avanti… l’Invasore ha fame, ha volontà… forse ha in mente qualcosa! E chi lo sa? Vai pure con lui, mia cara Bella, impara a conoscerlo e a temerlo. Addio, Bella, ciao.”
Sabina Valenti